Per traduzione in ambito pubblicitario intendiamo la traduzione di campagne e testi pubblicitari. Il processo non è semplice perché non basta una buona traduzione per conservare l’efficacia comunicativa dei testi originali. È d’obbligo fare una premessa importante: nel marketing e nella pubblicità accade spesso che il contenuto del messaggio sia di importanza secondaria, l’obbiettivo del messaggio pubblicitario non è la trasmissione di un contenuto preciso, è un invito all’azione che in gergo viene chiamato “call to action”. La “call to action” si configura come un breve testo che ha funzione di spronare il lettore o l’ascoltatore a compiere una determinata azione. Spesso fanno leva sulle emozioni, sfruttano le paure diffuse oppure si focalizzano sui benefici, talvolta creano 1 contesto culturale nel quale i riceventi devono immedesimarsi.
Se dunque il messaggio pubblicitario viene tradotto in una lingua diversa, ciò significa che viene destinato ad un utente diverso, diverso per cultura, usanze, tradizioni, diverso perché si esprime in maniera diversa e perché vive in un contesto sociale peculiare. In questa cultura diversa dell’utente destinatario probabilmente quello che suscita emozioni di gioia, di rabbia, di tristezza sarà diverso, potrebbe essere diverso anche quello che quella determinata collettività riterrebbe un beneficio o un danno e molto probabilmente sarà diverso il contesto culturale nel quale questi ultimi potranno identificarsi.
Insomma avete capito, in ambito pubblicitario quello che ci interessa è traferire l’intento di un messaggio da una lingua all’altra e non il contenuto. Un intento che viene adattato in base alle sfumature culturali della lingua di destinazione. Questa operazione si chiama in gergo transcreazione (dall’inglese “transcreation” = translation + creation). Facciamo un esempio molto semplice: durante gli europei di calcio, le emittenti radiotelevisive delle nazioni che partecipano al grande torneo mandano in onda numerosi spot pubblicitari a sfondo “calcistico”, si vedono i giocatori che giocano a pallone, gente per strada che sfodera bandiere e indossa le magliette della nazionale, si leggono messaggi pubblicitari che rimandano alla vittoria, alla superiorità (il messaggio subliminale intrinseco è in sostanza “se acquisti questo prodotto ti sentirai un vincitore così come vincitrice è, o sarà, la nostra squadra di calcio”). Avrebbe senso se la RAI trasmettesse una pubblicità di questo tipo a gennaio dell’anno prossimo, quando gli europei saranno finiti da ormai molti mesi? Oppure, avrebbe senso trasmettere questa stessa pubblicità in un paese che non partecipa agli europei di calcio perché è un paese asiatico, come per esempio l’India dove inoltre il calcio è uno sport poco seguito? La risposta è ovviamente no perché lo scopo di far leva sulle emozioni e di creare un effetto di immedesimazione verrebbe meno.
Ora, noi non ci occupiamo di immagini ma di parole, torniamo ad affrontare il nostro lavoro di trascreazione. La transcreazione è una traduzione creativa, che non deve avere paura di discostarsi notevolmente dal testo originale nella sua forma. Ricordate che il messaggio pubblicitario spinto a forza tra le maglie di una lingua che non gli appartiene, svela al destinatario tanto la pigrizia del mittente, quanto il “trucco” psicologico che si cela dietro ad ogni slogan. Dando vita ad un effetto imbarazzante che ricorda tanto quello del prestigiatore colto in flagrante a sfilarsi l’asso dalla manica. Il “transcreatore” bravo deve essere in grado di dare vita ad un testo nuovo che susciti le medesime sensazioni nei nuovi destinatari. La profonda conoscenza del contesto culturale attuale di quel paese è pertanto d’obbligo. Il mio consiglio è pertanto quello di affidare l’operazione di traduzione-creazione ad un professionista che non solo è madrelingua nella lingua di destinazione ma che abiti in quello stesso paese, che sia dunque completamente inserito in quel contesto culturale e quindi in grado di comprenderne tutte le sfaccettature e di seguirne la sua continua evoluzione.